CITAZIONE (AtrocitA @ 20/1/2010, 19:50)
La cosa particolare però è la pietra. Per quel che ho studiato non rientra nelle usanze. Si lasciavano manufatti a forma di donna o uomo con organi genitali molto più sviluppati perché si pensava che i morti tornassero per compiere l'atto sessuale mancato (se morti prima). O ancora ci si metteva del cibo, per far si che il morto non si ripresentasse alla tavola. O ancora, le ossa disposte a X come la bandiera dei pirati per intenderci. Ma sempre dopo aver seppellito il cadavere, perché si tornava, si apriva la bara e si scomponeva il corpo. Anche perché chi veniva dichiarato "STREGA" o "VAMPIRO" di solito veniva ucciso prima sul rogo. Bisognerebbe capire in quale paese si usava la pietra...ammesso che fosse un'usanza per evitarne il ritorno..
a bite on the neck...
AtrocitA
approfittando della tua precisione ho cercato delle risposte!!
... sfortunatamente il tempo a mia disposizione stasera non è molto... per cui mi limito a riportare una primo testo da me trovato!!!
Si tratta del cadavere di una donna.
Ma cosa aveva fatto la poveretta per subire da morta questa terribile profanazione del proprio corpo?
Dobbiamo fare un passo indietro e pensare a quelle che erano le convinzioni e le credenze legate alla peste ed alle pandemie. Basta rileggere i "Promessi sposi" del Manzoni ai capitoli 21° e 22° dove troviamo, tra le cause di pestilenza, le «...emanazioni autunnali delle paludi...», l'opera degli untori, «...arti venefiche, operazioni diaboliche...» fino a quei medici che ne negavano l'esistenza avendo «...pronti nomi di malattie comuni per qualificare ogni caso di peste che fossero chiamati a curare; con qualunque sintomo, con qualunque segno fosse comparso...».
Se queste erano le conoscenze che si avevano nel Seicento, si può immaginare quanto più scarse erano due secoli prima.
Il terrore per il morbo, a livello popolare, era sostenuto dalla fede: dalla credenza di un castigo divino che si scagliava secondo provvidenza e giustizia contro le malefatte dell'umanità, procurando dolori, sofferenze e morte ad espiazione dei peccati dell'uomo.
In Polonia, in particolare nella regione della Kashubia, già nel XIV secolo si era diffusa la credenza popolare dello Nachzehrer, un tipo di vampiro il cui nome può essere tradotto come "divoratore della notte" o anche "masticatore di sudario".
Lo Nachzehrer sarebbe un "quasi-morto", un essere che non riuscirebbe a morire ma che contemporaneamente non riuscirebbe neppure a trasformarsi totalmente in vampiro.
Avvolto nel sudario dentro la tomba, in una specie di torpore, lo Nachzehrer masticherebbe la tela che lo avvolge, i propri vestiti e le proprie mani e, nel caso, anche eventuali cadaveri vicini. Secondo alcune varianti della leggenda, lo Nachzehrer sarebbe in grado di assorbire le energie vitali degli individui che gli sono vicini, fortificandosi fino a riemergere dalla tomba e diventare un vampiro.
La credenza si sviluppa a seguito dell'osservazione delle esumazioni di cadaveri relativamente recenti, come poteva succedere durante le pestilenze quando era necessario riaprire fosse comuni per seppellire nuovi morti.
Il cranio della donna ritenuta una "non-morta", o vampiro, o "Nachzehrer", del Lazzaretto Nuovo di Venezia, con il mattone conficcato in bocca per impedirle di nutrirsi e ritornare in vita.
A quel tempo si conoscevano le caratteristiche che assumeva un cadavere immediatamente dopo la morte (rigidità muscolare, raffreddamento), ma tutte le successive modifiche che subiva il corpo erano nascoste dalla sepoltura: infatti generalmente la riapertura della tomba avveniva dopo molti anni, quando il corpo si era ormai ridotto a scheletro.
Ma prima di diventare scheletro il cadavere subisce le trasformazioni legate alla decomposizione: i gas putrefattivi gonfiano il corpo, fuoriescono dei liquami, la pelle si stacca per epidermolisi (ad esempio dalle mani e dai piedi).
Ecco dunque come poteva apparire un cadavere seppellito da pochi mesi riaprendo una fossa comune per far spazio ai corpi di nuove vittime della peste.
Così tutti questi segni che venivano rilevati su questi cadaveri avvaloravano la credenza dei Nachzehrer: i sudari macchiati dai liquami corporei in corrispondenza della bocca, che a volte potevano risultare bucati per effetto dell'acidità, si adattavano al "masticatore di sudario". La pelle scollata dalle mani dava l'impressione che il Nachzehrer si fosse mangiato le mani. Il corpo deformato, ma non ancora divenuto scheletro, confermava la presenza di un "quasi-morto" che cercava di nutrirsi per fortificarsi e diffondere il morbo.
Questo è quello che dovette avvenire al Lazzaretto Nuovo di Venezia, per lo scheletro "ID 6" scoperto dall'équipe del dottor Matteo Borrini.
In un momento di crisi sanitaria, presumibilmente tra il XV ed il XVI secolo, durante lo scavo per una nuova sepoltura, nel cimitero del Lazzaretto Nuovo, i necrofori si imbatterono in una tomba recente.
Il corpo della donna con ogni probabilità non risultava decomposto ed aveva l'apparenza di un corpo integro, di un "non-morto". Per la pressione esercitata dai gas putrefattivi il corpo era gonfio: così quel gonfiore del ventre, magari unito a fuoriuscita di sangue dall'addome e dalla bocca, a macchie sanguinolente nel sudario, poté indurre i necrofori a credere di trovarsi davanti ad un vampiro che si nutriva del sangue degli altri morti per raccogliere le forze, uscire dalla tomba e propagare il contagio.
Era dunque necessario impedirgli di cibarsi. In altre tradizioni per far questo si ricorreva al classico paletto conficcato nel cuore, qui a Venezia invece si pensò, dopo aver tolto il sudario dalla bocca, di riempirla con della terra e di conficcare con forza un mattone nella bocca.
La donna, la "non-morta", il vampiro, non avrebbe più potuto masticare e nuocere.
E così fu fatto.
http://home.giandri.altervista.org/giandri...Lazzaretto.html... questo è la pagina da cui ho estratto il brano
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-inchino-