Vampiri - The Golden Age of Decadence

Diamante Orsini

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Danatis
view post Posted on 23/9/2007, 15:25




Diamante Orsini


Background:



Sin da piccola sono stata additata come un essere (sì, un essere, non una donna) diversa. I ragazzi mi chiamano Neve, i servi mi chiamano Fantasma.
Sono nata con una malattia rara, colpisce una persona su trentacinquemila e ne sono felice. Le donne qui si sposano presto, si rovinano, hanno dei figli e mariti a cui piace divertirsi con le amanti. Non avrò mai una vita come la loro. Per questo ringrazio la malattia: non mi sposerò mai, non avrò mai figli.
Rimarrò coi miei sogni, i miei fiori, le miei poesie e i miei libri. E’ bello stare sole, ma solo di notte, quando non riesco a dormire e i fiori mi parlano mentre il vento canta per me.
Mia madre mi guarda con pena e compassione, ma stoltamente non ha ancora capito che la sfortunata è lei e non io.
Sono nata albina, e ne sono orgogliosa, e allo stesso tempo mi vergogno del nome che porto: Diamante Orsini... un nome importante...

***



<< Neve! Neve!>> Luca mi stava chiamando come ogni pomeriggio, voleva giocare. Lo presi in braccio, era abbastanza leggero, eppure per me non lo era. Come sono debole, pensai tra me e me, e nel mentre poggiavo il bambino che continuava ad insistere.
<< Non ora Luca, sono stanca, il sole mi indebolisce, ed oggi fa molto caldo. Chiedi a dama Teresa.>>
Mi guardò torvo, ma gli bastò un mio sorriso per fargli tornare l’allegria. Corse da dama Teresa sgambettando allegro.
Non feci in tempo a lasciare il piccolo parchetto, situato dietro casa mia, vicino al mio piccolo giardino personale, che Lucia, la mia serva, venne a riferirmi che ero stata convocata da mio padre, urgentemente.
<< Ma che sorpresa...>> sibilai tra i denti.
<< Non vuole che lo facciate attendere, mia signora...>> disse.
<< Andrò subito. Almeno non aggiungerà anche questo alla lista delle mie mancanze.>> La congedai e mi avvia verso il ricco palazzo degli Orsini.
La mia invidiabile famiglia. Almeno, questo è quello che pensano gli altri.

Aprirono la porta davanti a me, e trovai mio padre, col suo volto sempre serio e furioso nei miei confronti. Non era colpa mia se ero albina, se facevo paura solo con lo sguardo. Ma lui non la pensava così, anzi, pensava fossi la causa di tutti i suoi problemi. E finalmente aveva trovato il modo per estirpare il suo cancro più pericoloso: Me.
<< Diamante!>> tuonò. Non l’avevo mai sentito pronunciare il mio nome con tono paterno. Per lui ero una persona qualunque.
<< Si padre mio, vi ascolto.>> dissi con tono controllato.
<< Domani partirai per Venezia. Lì sarai al sicu...>>
<< ... lontano da voi, come avete sempre voluto. Se è questo che...>> non finii la frase
<< Non ti ho dato il permesso di parlare. E non ho ancora finito. Andrai da un nostro parente a Venezia. Si prenderanno cura di te. Qui non ci fai niente, Diamante. E con questo ho finito. Non voglio obbiezioni. Sei congedata, puoi andare.>> e così non mi lasciò modo di replicare.
Tornai nella mia stanza e notai il baule con tutta la mia roba già ordinata e prnta per la partenza. Mio padre aveva pensato proprio a tutto. Credo di non aver odiato mai così tanto qualcuno come in quel momento. Mi privò della mia casa, dei miei fiori. Degli alberi che cantavano e mi davano consigli. Per andare in un luogo circondato da acqua e con la puzza del canale. Venezia non mi sarebbe mai piaciuta.

Quella notte dormii poco.
I sogni continuarono a tormentarmi.
Decisi di alzarmi.
Uscii fuori dal palazzo senza farmi sentire. L’eco dei miei passi non si sarebbe mai sentito, neanche sopra un manto di foglie secche in Autunno inoltrato.
Mi diressi al giardino che tanto amavo e a cui avrei dovuto dire addio la stessa notte.
<< Oh, miei fiori, unici amici, come farò senza la vostra presenza? Voi che siete così quieti e saggi...>> sospirai e sdraiandomi sentii la morbidezza dell’erba che mi coccolava.
Chiusi gli occhi e mi addormentai.
Sognai ancora una volta l’uomo anziano che invadeva i miei sogni da qualche tempo. E come sempre mi prese per mano per condurmi in un labirinto fatto di mille porte e corridoi...
Mi risvegliai qualche ora dopo. Tornai in camera e decidi di aspettare Lucia sveglia.
Arrivò prima del solito. Ordini di mio padre, pensai.
<< Mia signora siete... siete già sveglia e pronta!>> disse sorpresa.
<< Sì, Lucia. Non voglio far aspettare oltre la felicità di mio padre, la carrozza è pronta?>>
<< Ecco... sì, ma... non volete salutare vostra madre?>>
<< No! Non ha potuto impedire la mia partenza e questo è solo un modo per farmi capire che era d’accordo! Non sentirà la mia mancanza.>>
Ordinai di prendere i bauli e tutta la mia roba. Scesi le scale e senza guardarmi indietro salii nella carrozza. Guardai la mai serva e le sussurrai prima di dirle addio: << Saluta Luca da parte mia. >> le misi un piccolo fiore tra le mani e aggiunsi: << Gli lascio il mio giardino, so che se ne prenderà cura come se fossi io a farlo...>>
Le sorrisi e feci chiudere la portiera della carrozza.
Durante il viaggio guardai la mia città. Era passata da mezz’ora l’alba e Roma era bellissima... guardai il Colosseo farsi sempre più piccolo mentre la carrozza si allontanava dalla città che amavo. Per portarmi lontano, al nord, nella città delle gondole...
 
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NarratoreDA
view post Posted on 29/9/2007, 15:04




Da giorni viaggiate rinchiusa nel carro.
Tutto intorno a voi trasuda paura e fretta.
Il carro si muove velocemente lungo le strade di pietra
e di terra battuta. Troppo velocemente.

La fantessa che vi accompagna ha uno sguardo allucinato
e pieno di terrore. E' una donna scialba con un forte accento popolano,
per quelle poche parole che scambiate. Si chiama Anna.
All'inizio avete pensato che avesse paura di voi. Ma ora.

Due uomini armati si alternano alla guida del carro. Seguono
a cavallo quattro uomini, anch'essi armati. Ad ogni fermata i loro
volti sono tesi e guardinghi. Viaggiate senza sosta da due giorni,
senza fermarvi. L'aria nel carro è pesante. Ogni volta che cercate
di aprire una delle pesanti schermature per far entrare un po' d'aria e
di luce, uno degli uomini vi abbaia di chiudere.

Nel caldo afoso del carro un sonno diurno privo di riposo vi rapisce
alla noia del viaggio. In questi momenti cadete nei sogni che da sempre
accompagnano il vostro sonno.

Siete sempre nello stesso luogo: un labirinto di corridoi in penobra,
affollato di porte dalle diverse foggie.
Come sempre un vecchio vi accoglie, stringendovi un abbraccio tenero e dolce.
L'abbraccio di un padre per la figlia. Quel calore che vostro padre non vi ha mai dato.
Vi accarezza i candidi capelli con tenerezza ed amore. Vi prende per mano,
guidandovi lungo lo sterminato intrigo di corridoi del labirinto.
Migliaia di porte attendono di essere aperte.
Muti guardiani di oscuri segreti.

Il vecchio è vestito come un popolano. Gli abiti cadono flosci sulla magra figura.
Una luce allucinata e sognante vela i suoi occhi, profondi e tristi.
Porta lunghi capelli bianchi sciolti fin sulle spalle ossute. Un barba,
anch'essa bianca e trascurata, incornicia un viso dai lineamenti, un tempo forti
e mascolini, ora segnati dal tempo su cui campeggia un naso adunco.

Il Vecchio non parla mai. Vi guida come un'ombra silenziosa.
Un guardiano silenzioso dei vostri sogni.

Il vecchio vi guida attraverso incroci e corridoi, di quando in quando entrando
in una delle porte, che si aprono nelle pareti. Ogni volta entrate nel buio.
Denso. Profondo. Vivo. Quando ne uscite non siete mai voi stessa.

Siete una giovane donna dai lunghi capelli castano scuro. Indossate un
lungo abito di velluto di un profondo viola, che preme sulle vostre forme da
donna. Siete prigioniera di un gruppo di armigeri, che vi puntano contro lunghe lancie
da cinghiale. Salite ripide scale. Una giovane donna è con voi. Come voi è prigioniera.
E' una donna alta dalla bellezza eterea. La sua figura è avvolta in lunghe vesti
di velluto nero ricamato. Bellissimi capelli nero corvino sono acconciati in una
lunga treccia. Il profilo del suo volto è perfetto. La sua pelle e pallida e candida,
forse più di quella di un albino. Il suo nome è Lucilla. Come conoscete il suo nome
è per voi un mistero. Un uomo paudato in vesti nere da prelato guida il gruppo.

Una cacofonia di suoni martella nelle vostre orecchie. Musica. Una musica marziale
e irriverente. Siete molto sensibile al suono. Una sensazione che non avevate
mai provato.

Attraversate un portone accedendo ad un lungo corridoio di mattoni, illuminato da torce fumose.
La musica è assordante e preme sui vostri corpi come qualcosa di vivo.
Fate il vostro ingresso in un'ampia sala a volta. L'ambiete è familiare e allo stesso tempo
alieno. Qui la musica è assordante e finalmente intravedete l'orchestra. Ma non è
questa che attira ora la vostra attenzione.

La sala è una sorta di chiostro sotterraneo dove le colonne non reggono facciate,
ma alte volte a botte. Al centro una ventina di giullari con abiti dai colori sgarcianti
e volti dipinti di bianco, danzano all'unisono la folle musica suonata dall'orchestra,
posta di lato ad un possente trono di pietra. I giullari sembrano tante marionette
mosse dalla stessa mano. I campanelli ai loro piedi danno alla musica un tintinnio spettrale.
Il perimetro laterale è affollato di esseri seminascosti dalle ombre. Tutti sembrano
presi dallo spettacolo e solo pochi hanno notato il vostro arrivo. Le espressioni sui
loro volti e i loro sorrisi aguzzi rivelano ciò che sono: Diavoli in sembianze umane.

I giullari al centro della sala si aprono al vostro passaggio senza interrompere la loro
folle danza. Anzi, ora ne siete il centro e parte integrante.

- Madonna? Madonna! Siamo arrivati. Ora potrete riposare.

La voce di Anna vi strappa al vostro sogno. La musica ancora echeggia nella vostra testa.
Intontita scendete dal carro. Il freddo pungente vi risveglia dal torpore.
Siete sulla strada, davanti ad una locanda. Sembra calda ed accogliente.
Gli uomini e i cavalli sono stanchi. E' per questo che vi siete fermati.
Uno degli uomini che vi accompagna sembra essere il capo.
Vi fa cenno di coprirvi con il cappuccio prima di entrare.

Diamante siete chiamata a giocare


Il Narratore
 
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Danatis
view post Posted on 30/9/2007, 05:05




Rivolsi lo sguardo verso donna Anna e in lei si sovrappose l’immagine dell’ incantevole donna dai capelli lunghi e neri, i sogni erano sempre più reali. Ne rimasi scioccata e per qualche minuto non mi accorsi nemmeno di essere scesa dalla carrozza, di essermi coperta il volto come se fossi un mostro e che venni scortata come una principessa verso la mia stanza, nella locanda.
La camera era accettabile anche se ero abituata a canoni molto più alti.
Ordinai alle guardie di stare davanti alla porta per tutta la notte e di non far entrare nessuno per nessuna ragione. Volevo stare da sola a rimembrare il fantastico e inquietante sogno dove la mia mente mi aveva condotto. E rivivere quella musica assordante e piacevole.
Ricordo ancora adesso il caloroso abbraccio di quel vecchio misterioso eppure così gentile e paterno...

Decisi di uscire dalla finestra a notte fonda.
Volevo dormire all’aperto e al contatto con la natura.
Nessuno me lo avrebbe impedito se non le guardie che stavano sull’uscio della mia camera da letto. La finestra era l’unica via di uscita. L’unica sentiero che mi avrebbe portato verso quel sogno che bramava di essere rivissuto...
Le pesanti vesti non mi facilitarono il lavoro, così decisi di denudarmi il tanto che bastava per poter uscire dalla finestra, portai con me un mantello color verde foresta... e ancora il sogno si fece vivido davanti ai miei occhi.
Non ero più io. La mia pelle color avorio era scomparsa sostituita da una pelle rosa e vellutata, i capelli color neve erano diventati color dei tronchi d’albero... cosa significava? Sarei cambiata una volta arrivata a Venezia?
Il disgusto mi pervase... non volevo cambiare. Mi amavo così com’ero, amavo quegli sguardi paurosi a me rivolti. Amavo essere chiamata Neve e Fantasma. Amavo tutto quello che, forse, non avrei più avuto...
Senza guardare dove stessi andando mi ritrovai in un piccolo sottobosco, da sola, e finalmente fui felice. Era un luogo lugubre e pauroso eppure mi sentivo spensierata. Mi sentivo quel fantasma che tutti vedevano in me...
Perché non divertirsi in una notte così noiosa? Pensai ci sarà pur qualcuno che durante la notte voglia fare una passeggiata...
Aspettai, sentendo un’eccitazione particolare, ma appena vidi qualcuno avvicinarsi verso la mia direzione, la tristezza mi colpì in pieno. Cominciai a correre verso la locanda... era stata una brutta idea. CHI mi faceva venire in mente certe cose? Come potevo permettermi di fare qualcosa di simile?!
In quei momenti, mentre correvo e le forze diminuirono sempre di più, pensai a me come un mostro senza cuore, che sfrutta il suo aspetto per far timore ai poveri sfortunati che passano...
Riuscii a tornare in camera e mi distesi sul letto, rannicchiata cominciai a piangere e desiderare gli sguardi di quei diavoli paurosi, che mi facevano sentire a casa...
 
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NarratoreDA
view post Posted on 30/9/2007, 15:03




All'alba cadete in un sonno sfinito.
Non sapete quanto avete dormito, ma al vostro risveglio il sole è tramontato.
I sogni questa volta non sono giunti.

La fantessa è entrata e vi guarda. Il vostro aspetto sembra non intimorirla più.
Anzi sembra sinceramente preoccupata per la vostra salute.

Mia Signora eravate così stanca che abbiamo pensato di lasciarvi riposare.
Ettore, il capo degli uomini, ha concesso un'altro giorno di riposo.
Era riluttante, ma lo convinto. In fondo vi deve portare a Venezia sana e salva.
Anche gli uomini sembrano grati di questa sosta.
Avrete certo fame. Ho fatto prepare qualcosa da magiare.
Il locandiere ci ha messo a disposizione un tavolo appartato nella sala.
Sembra che questa sera ci sarà un cantastorie ad allietare la cena. Si chiama Giulano.
Se non ve la sentite di scendere vi porterò la cena in stanza



Diamante siete chiamata a giocare


Il Narratore
 
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Danatis
view post Posted on 1/10/2007, 13:41




Aprii gli occhi e vidi ancora una volta il viso preoccupato di Anna.

Mi feci aiutare con i pesanti vestiti, il corsetto ben stretto e un abito, degno del mio rango, color delle tenebre. Mi sentivo così felice da indossare un vestito adatto. Così la mia figura avrebbe risaltato ancora di più.
Uscii dalla stanza e capii subito che avevo scelto l’abito nel modo giusto. Avevo tutti gli sguardi addosso.
Ma dopo pochi secondi capii che tipo di sguardi mi erano stati rivolti.
Ma cosa ho sbagliato? Il nero mi dona, risalta il mio colore... pensai.

Scesi nella sala grande della locanda, avevano richiesto una sala riservata, solo per me. Mi sarei sentita lusingata se non fosse che quel gesto significava solo non permettere alla gente di essere vista.
Poi ripensai alle parole di donna Anna: “Sembra che questa sera ci sarà un cantastorie ad allietare la cena”. E al ricordo di quelle parole sentii una forte emozione e un solo pensiero: Che il sogno si stia realizzando?
Aspettai che la cena venne servita, mangiando poco. La mia mente era indirizzata ad una sola immagine, ad un solo ricordo: giullari tutti intorno ad una figura coi capelli talmente chiari da essere bianchi, permettendole di spostarsi al centro di una grande sala... e sguardi di Diavoli dalle sembianze umane puntate su du lei...

Chissà se il cantastorie saprà narrarmi e farmi vivere una stroria simile...
 
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NarratoreDA
view post Posted on 4/10/2007, 22:17




Scendete nella sala comune. Ampia, accogliente e calda.
Un piano rialzato permette un minimo di riservatezza.
Anna vi guida verso uno dei tavoli sul piano.
La sala è affollata di viaggiatori ed avventori.
Il mormorio generale si spegne al vostro passaggio.
Gli occhi di tutti sono puntati su di voi.

Prendete posto.

Ettore è seduto con gli altri uomini in mezzo alla gente.
Vi guarda. Con uno sbuffo, scuotendo la testa, torna a
conversare con gli altri uomini.

L'attenzione della gente come è venuta se ne và.

Anna vi guarda con occhi gentili e compassionevoli.

- Non portategli rancore mia Signora. Ettore si preoccupa per voi.
Vuole portarvi a Venezia sana e salva. Loro non dicono nulla, ma temo
siate in grave pericolo. Non siate imprudente ve ne prego.


Cenate scambiando poche parole.

Sul finire del pasto notate un ragazzo che s'incammina verso il centro della sala.
Indossa abiti popolani su di un fisico magro e scattante. Ha qualche anno in più di voi.
Una cascata di riccioli scuri incorniciano un viso dai linemante mascolini molto piacevoli.
Una bocca generosa. Un naso dritto e forte.
Nella mano destra stringe uno sgabello. Con la sinistra imbraccia una piccola arpa.

Appoggia lo sgabello. Si siede. Senza parlare incomincia a suonare.

E la melodia incanta il cuore. Per un breve istante la locanda si ferma.

Impiegate un po' ad accorgervi che la musica si è interrotta.
Come tutti gli avventori, anche voi avete lo sguardo fisso sul giovane.

Lui sorride. Un sorriso malizioso.
Si alza in piedi.

- Buona Sera Dama e Messeri. La Vostra attenzione alfine ho catturato.
Io son Giuliano, cantastorie e menestrello. Al Vostro Servizio.


La sua voce è calda e profonda.
Si siede di nuovo. Stringe a se l'arpa, e ..

Suona. Suona una ballata dopo l'altra in un cresendo di melodia e canto.
Gli uomini battono i boccali sui tavoli al ritmo delle ballate. Le donne hanno
lo sguardo rapito. Le più audaci accennano a qualche passo di danza.

- Suvvia Signori! Lascereste delle Dame ballar da sole?

Il ritmo diventa incalzante. La gente comincia a danzare nella sala.
Volete unirvi a loro,state per scendere nella sala, quando un sussurro giunge
alle vostre orecchie.

<i> - Bambina mia ... Piccola mia ... Non lo fare.
Sei in pericolo ... Non temere ... Papà ti proteggerà!


Il sussurro echeggia nella vostra mente, gelandovi il sangue. Restate immobile
mentre la sala, lentamente, torna alla calma.

Il giovane si alza di nuovo.

- Miei cari spettatori. Pandora ed io vi ringraziamo perché ancora una volta
ci avete ascoltato e non maltrattato. Per premiarvi di tanta gentilezza
vi canteremo un'ultima canzone augurandovi Buona Notte.


Il giovane si siede. Accarezza l'arpa, sussurando. Poi iniza a suonare, e la sua
magia avvolge di nuovo la sala.

<i> - Nella mia borsa non c'è
nulla di prezioso da rubare.
Per questo sono libero di
vagare per il mondo.

Della mia povertà
non fatevi un cruccio
piochè io sono più ricco
del più ricco dei re.

Mille cose favolose
questi miei occhi hanno visto.

Albe e tramonti. Foreste e mari.
Re e Regine di grandi regni.
Ma la cosa più preziosa
di tutte è il volto di una dama.

Camminavo solitario là nel bosco
quando nella radura, al cospetto
della luna, la vidi danzare.

Una figura vestita di luce, che
come anima di fata con le ombre
della notte giocava.

Sciocco fui a muover il mio goffo passo.
Ella lo sentì e come leggero fiocco di neve
al sole svanì.

Di lei solo questo sò che il cuore mi rubò.
Come un prezioso Diamante il suo volto
nella borsa dei ricordi con me sempre porterò.



Il canto cessa assieme alla musica. Con esso la magia.

- Pandora ed io vi auguriamo Buona Notte Dame e Signori.
Se vi abbiamo allietato la serata, lasciate qualcosa.
Altrimenti vi preghiamo di perdonarci.


Applausi e risate accolgono la richiesta del giovane. Alcuni
avventori lanciano delle monete.


Diamante siete chiamata a giocare
 
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Danatis
view post Posted on 5/10/2007, 15:05




Mi sedetti nel mio incantevole posto e uno sguardo di Ettore mi fece innervosire.

Come osa guardarmi a quel modo? So benissimo di essere diversa, brutta, spaventevole e orribile! Ma se almeno se lo tenesse per sé... farebbe una figura più onorevole. Sono sempre superiore a lui.


Ero talmente innervosita che non ascoltai le parole che Donna Anna mi stava rivolgendo.

Se solo fossi un più sicura di me! Maledetta mia madre che mi ha creato in questo modo! Maledetto mio padre che mi odia e non mi sopporta! Maledetti tutti questi ipocriti che fanno finta di non vedermi ma mi guardano ogni minuto!

Avrei voluto urlare in mezzo a quella sala, urlare tutto il mio disprezzo verso di loro, luridi ipocriti.
E poi i miei pensieri vennero bloccati all’arrivo, tanto atteso, del cantastorie. Si chiamava Giuliano. Non era un nome molto attraente, non in confronto a lui, almeno.

Eccolo. E’ lui. Finalmente. Lo stavo aspettando con tanta ansia.

Sentii una voce dentro la mia testa. Mi rassicurava, dicevo che ero in pericolo. Chimai poteva essere?

Ma da chi? E poi... io non ho un padre! Che pericolo potrò mai correre, in fondo... è solo un cantastorie.

Tutta la rabbia verso tutti coloro che mi stavano intorno svanì quando Giuliano iniziò a suonare. Tutti ballavano, ma io non mi azzardavo ad alzarmi. Ero incantata dal suono proveniente dalla sua arpa. Chiusi gli occhi e mi feci trasportare da ogni singolo suono prodotto dalla corde di Pandora.

Ma nulla di quella meravigliosa musica avrebbe superato la canzone che venne dopo.
Parole così dolci, non le avevo mai sentite pronunciare.
Era per me.
Solo per me.

Allora non solo gli alberi cantano per me. Non solo i fiori possono trasmettermi queste emozioni.
Come posso avvicinarmi. Ma, io, lo voglio veramente?
In fondo potrebbe rivelarsi il solito uomo che si fa beffe della povera creatura di neve, quale sono.


I miei pensieri erano contrastanti. Mi sarei avvicinata a lui? Lo volevo veramente?
Dovevo chiedere aiuto alla vocina che tanto mi dava una mano quando la mia mente e le mie emozioni erano condizionate da qualcosa.

Mi avvicino?
NO! Lascialo stare... è solo come tutti gli altri. Come TUTTI!
Ma, sembra così sincero e carino... gentile.
Non lo è. E’ pura finzione Diamante.
Ma non è vero, è così reale. E quella canzone era per me. Solo per me, nessuno l’aveva mai fatto prima.
Ho detto no. Devi lasciare perdere... guardati!! Sei un albina, un abominio di Dio.

Cosa potevo fare? Aveva ragione... eppure io mi vedevo così bella davanti allo specchio. Si, facevo paura. Ma non così tanto...
Ormai la canzone era finita e Giuliano stava salutando tutti, voleva un offerta. Decisi di alzarmi e dare quel che si meritava.

Attenta Diamante, io ti ho avvisato... fallo e soffrirai!
ZITTA!


Mi avvicinai a lui e con mano bianca e delicata presi la sua e gli posai sul palmo due monete, una d’argento e una d’oro.
Lo guardai negli occhi e sorrisi timidamente, dicendo:

“I miei più cari apprezzamenti, la vostra canzone era... era davvero incantevole. Mi avete fatto sognare.”

La sua mano era così calda. Speravo di stringerla per più tempo, ma decisi di voltarmi e sparire tra la massa di persone che si stavano complimentando con lui.
Uscii dalla sala per andare fuori a prendere un po’ di aria fresca. Mi voltai verso la luna e pensai:

Io sono come te luna, tremendamente bianca. E sarò sempre da sola avvolta dall’oscurità. L’unico posto in cui mi senta a casa...

Edited by Danatis - 5/10/2007, 17:52
 
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NarratoreDA
view post Posted on 6/10/2007, 15:52




I giorni si susseguono uguali uno all'altro. L'interno del carro con gli scuri chiusi. Le timide parole di Anna.
La sera giungete in qualche locanda sconosciuta. La cena. Gli sguardi stupiti e stupidi degli avventori.

Nessun menestrello o cantastorie ad alleviare il tedio del viaggio. Sogni.
Solo lunghi interminabili sogni.

Lui è sempre lì.
Il vecchio, magro come uno scheletro con l'espressione vagamente ebete, vi accoglie nei sogni.
Vi abbraccia piangendo e vi accarezza i capelli, prima di gudarvi nel vostro mondo segreto.
Ogni notte. Ogni momento di assopimento. Più la meta del vostro viaggio si avvicina, più sognate.

Sognate schiere di maschere e di giullari che sciamano per oscure vie fatte di mattoni ed acqua.
Sognate paura e sgomento. Sognate una guerra.
Ogni volta guardate il sogno dagli occhi di qualcuno. Sempre più spesso dagli occhi di una donna
vestita di velluto nero, dalla pelle bianca quanto la vostra e dai lunghi capelli corvini. Con lei .. voi
c'è un'altra donna. Bellissima ed elegante.
La guardate inorridire quando venite entrambi condotte nelle profondità della terra in un luogo oscuro.
Loro lo chiamano Il Pozzo dell'Illuminazione.
Un'infintà di porte si susseguono lungo una scalla a chiocciola che scende nelle viscere della Terra.
Oscurità. Grida oscene e farfuglianti giungo da dietro le porte. Siete prigioniere.

Realtà e sogno si fondo in una sequenza infinita ed incomprensibile di nuovo sogni.

Sempre il vecchio che vi accoglie. Ora siete voi. Riconoscete le vostre mani e i vosri capelli quasi bianchi.
Siete in una cripta. Un mausoleo. Ricche decorazioni di marmo e pietre muticolore adornano l'ampia sala.
Al centro un elegante sarcofago in marmo nero. Sul sarcofago uno stemma in marmo bianco.
Tre occhi ciascuno al vertice di un triangolo. L'antichità del luogo vi opprime.
La sala è vuota, ma percepite un imminente pericolo. Qualcuno vuole violare questo luogo.

Giungete a Venezia.
Vi fermate in un borgo di cui ignorate il nome. Il borgo e nel suo insieme .. carino. E' sul mare. Un mare diverso da quello che avete visto a Ostia. Non sapete dire cosa vi sia di diverso. Ma è diverso.
Il sole del meriggio trae abbaglianti riflessi sulle onde. Ma la luce non vi ferisce gli occhi. Anzi vi diverte.
In lontanazza, tra il cielo e il mare Venezia.

- Mia cara ragazza benvenuta. Io sono Giacomo Orsini .. credo di essere un vostro cugino di qualche grado ..

Un uomo, in eleganti vesti, vi viene incontro allargando le braccia. Un sorriso schietto e sincero illumina il suo viso rotondo e barbuto. Una donna, minuta e dal volto aquilino, lo segue. Anche lei accenna un composto sorriso.

- Lei è Euriclea, mia moglie.

La donna si avvicina e vi abbraccia. Un abbraccio pieno di calore.

- Siamo felici di accogliervi mia cara. Spero vi troviate bene con noi. Dicono che amiate i fiori .. vi farà piacere sapere che sono riuscita a creare un piccolo giardino nella nostra casa. Se volete potete aiutarmi. Il buon Dio sà che fatica gestire un piccolo fazzoletto di terra, ma quale gioia dona al cuore.

La voce di Euriclea è dolce e gentile, mentre i suoi movimenti sono misurati. L'uomo e la donna hanno una certa età.

- Per questa notte resteremo quì. Devo finire alcuni affari. Alloggeremo in una casetta di mia proprietà poco distante. Euriclea vi accompagnerà. Domani entreremo a Venezia. Sono certo che ve ne innamorerete.



Diamante siete chiamata a giocare
 
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Danatis
view post Posted on 7/10/2007, 08:39




I sogni mi davano tormento:

Ero qualcun altro.
Ed ora non lo sono più.
Vedo con occhi di qualcun altro. Una donna. Capelli neri e lunghi, una veste nera.
Rapite. Portate dentro la terra nella profondità degli Inferi.
Poi il vecchio. Sempre paterno e protettivo.
Una guerra. Imminente?
Venezia... Venezia... sarà qui... qualcosa sta per accadere...


I pensieri si volatilizzarono quando smisi di osservare l’acqua che mi circondava. La terra delle Gondole. Ormai ero arrivata. Non potevo più fuggire... forse. Ma qualcosa mi tratteneva.

Io servo! Servo a qualcuno. Magari mi cercano? Ma sono più di uno? A cosa potrei mai servire?
Forse per spaventare gli sfortunati...

Riportai la mente a terra e vidi davanti a me Giacomo Orsini, il mio “protettore”, almeno così pensava mio padre.
Era gentile, come tutti all’inizio, e mi presentò sua moglie... Euriclea.

Anche lei è come mia madre? Che ama e odia suo marito e non può fare a meno di essere il suo zerbino di piacere?Eppure non sembra così...

La strinsi in un abbraccio caloroso per non sembrare troppo diffidente. Era così esile. Mi ricordava me. O forse io le ricordavo lei stessa molti anni prima, con qualche leggera differenza. Un po’ di colorito in più...

“Spero che mio padre non vi abbia costretto in qualche modo ad accettare la mia permanenza qui. Sperando che non sia così lunga...”
Forse sarei potuta sembrare scortese. Ma...

Cosa me ne importa, infondo?
Non fare la maleducata. Non vorrai assomigliare a tuo padre, vero?
No! Affatto!
Allora scusati...


Mi morsi le labbra. E per quel che la mia pelle permetteva, arrossii.

“Scusatemi, siete stati così gentili. Non volevo essere maleducata. Vi prego di accettare il mio perdono. Sono stanca per le avventure del viaggio affrontato. Sono molto... felice di essere accolta in questo modo.” Feci un piccolo inchino con il capo in segno di rispetto.

Poi ricordai le parole di Euriclea, di un piccolo giardino. Di fiori e verde. E un misto di felicità e tristezza mi pervase.
“E’ la verità? Avete un piccolo giardino, qui? Oh, non sapete quanto questo mi renda felice e leggera. Spero che accettiate il mio prezioso aiuto. Non c’è altra cosa che mi renda più felice se non quella di avere un piccolo posto verde dove poter leggere e chiacchierare da sola.”
Le presi le mani e le strinsi per farle capire che ero sincera, e che le emozioni erano reali.

Devo fuggire da qui! Innamorarmi di Venezia? MAI! La odio già da questo momento.

Ero testarda, ma in cuor mio sapevo che una volta arrivata lì qualcosa mi avrebbe trattenuto dal fuggire. Una persona forse.
O il sogno che diventa realtà...

Loro mi chiamano, mi dicono qualcosa, fatti, parole, realtà. Tutto mi sta circondando... i pezzi della scacchiera si stanno muovendo. Io sono una pedina o un giocatore?
Diamante l’Albina non sarà mai un pedina...


E con questo pensiero mi avviai con la famiglia Orsini verso gli alloggi...
 
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NarratoreDA
view post Posted on 7/10/2007, 17:11




Alle tue parole Giacome ed Euriclea si guardano. Un semplice sguardo lungo
un battito di ciglia. In quello sguardo un'inifinità di parole.

Giacomo prende congedo alla volta dei suoi affari. Euriclea di conduce insieme
alla scorta ed ad Anna attraverso le via del piccolo borgo. Chioggia.

Euriclea vi dice che il buon Dio ha benedetto il loro matrimonio con tre figli,
tutti maschi per l'orgoglio di uomo. Ora sono tutti in giro per il mondo.
La casa è diventata vuota e grande. Sono felici di poterti ospitare. In fondo
con tre maschi hanno sempre sentito la mancanza di una fanciulla.
Quando tuo padre chiese di poterti ospitare furono immensamente felici.
Sapevano del tuo aspetto. Euriclea era presente al parto quando voi nasceste.

L'ospitalità della coppia è incredibile. Vi sentite a casa. Vi è stata data una stanza
in cui riposare. Con il riposo tornano i sogni.

Sognate una guerra combattuta da eserciti senza bandiere ne insegne.
Una guerra combattuta in cunicoli sotteranei al lume delle torce, in cantine
illuminate dalla luce del sole. Tenebre e luce. Orrore e Morte.
Il vecchio non è con voi. Questa notte siete sola. Sola, sognate.

- Su sveglia piccole mie. Andiamo non c'è un istante da perdere.
Presto saranno qui.


La voce del vecchio giunge da un punto lontano nella vostra mente.
La luce del primo mattino innonda una stanza. Siete sdraiata su un basso letto.
Accanto a voi c'è una bambina dai lunghi capelli scuri. Lei vi guarda perplessa e ...

- Laura?

Annuite anche se non lo siete. O forse sì. Non riconoscete la bambina, ne la sua voce.
Ma quando le chiedete chi sia la vostra voce risuona aliena ed infantile.

- Andiamo svelte! I Romani sono già qui. Presto!

La voce spaventata di una donna richiama la vostra attenzione.
La donna è bassa dai lineamenti orientali. Indossa abiti di lino ed ha la testa coperta da un
lembo del vestito. Sembra l'icona della statua della Vergine Maria. Un' ampia finestra si apre
su di un terrazzo e sul mondo esterno. Solo ora udite il frastuono che proviene da fuori.
Grida. Urla. Pianto. Fragore di armi.

- Andiamo Miriam non abbiamo più tempo.

Un uomo giovane di bell'aspetto e dai lineamenti orientali entra dalla finestra.
La donna lascia la stanza per entrare in un'altra.

- Su piccole. Vi ricordate cosa vi ho detto ...

Ma le parole dell'uomo vi giungono da lontano. La vostra attenzione è tutta catturata
dal sorgere del sole. Un sole piccolo e rovente, che sembra muoversi veloce nel cielo.

- No Dio mio ... NO!!

Il piccolo sole si abbatte fragorosamente nella stanza dove la donna è entrata.
Tra polvere, fumo e fiamme le urla agonizzanti della donna. Una fitta al cuore
ti strappa un grido.

- MAMMA!!

Gridate all'unisono con l'altra bambina. L'uomo raggiunge l'ingresso della stanza,
ma le fiamme sono troppo alte per entrare.

- Geremia ... Geremia ... Salvale ... SALVALE!!! Ahhh ...
- MIRIAM!

Il vostro volto si riga di lacrime, mentre guardi l'uomo chiamato Geremia stravolto dal dolore.
Un altro piccolo sole sorge all'orizzonte, lasciando dietro di se una scia di fumo e fiamme.
Ora lo vedete chiaramente. Si sta dirigendo verso di voi. L'orrore e il fascino vi immobilizzano.
Lo schianto. Le fiamme. Il dolore. Le tenebre. Nelle tenebre una voce:

- NOOOO!

Il peso dello scutum grava sul vostro braccio sinistro, mentre nel destro stringete il pilum.
L'elmo sembra un forno e la fronte gronda sudore. State marciando in formazione dietro le
insegne della vostra centuria tra le rovine della città saccheggiata. Vedete un uomo sotto il
sole del meriggio, tra i moncherini di una casa bruciata. Tra le braccia stringe due piccoli
corpi carbonizzati. Il volto è coperto di fuligine impastata con lacrime. Forse un tempo era
un uomo giovane, ma ora il dolore ha devastato il suo volto rendendolo simile a quello di un
vecchio. Le risa dei vostri compagni risuonano beffarde nell'aria calda.

Siete tra le rovine di una casa bruciata.
Tra le mani stringete i corpi carbonizzati di due bambine. La consapevolezza che i corpi
carbonizzati sono le vostre figlie vi strappa un urlo ed una fitta di dolore nell'anima.
Alla luce della luna piena un volto dagli occhi pieni di innocente malvagità vi scruta.

- Mio signore perchè questo è vivo?

La sua è una vocina sottile quasi fanciullesca. E' un giovane di bell'aspetto che veste
l'uniforme da tribuno Romano.

- I Romani hanno uno spiccato senso dell'umorismo piccolo mio.
Guarda è completamente folle, ma in lui c'è qualcosa ... Ecco!
Quest'uomo è stato toccato da Dio. Scommetto mille fobie che è un
sacerdote del Tempio.


Mani fredde afferrano il vostro mento e vi costringono a girare la testa.
Non riiscite ad afferrare i linemaneti del volto che state guardando. Solo gli occhi
attirano ogni vostra attenzione. Occhi color nocciola, quasi ambra.
Occhi antichi che hanno visto il trascorrere del tempo.
Occhi colmi di una saggezza inumana. Occhi consapevoli.
Una consapevolezza folle.

- Mio signore Malkav che ne facciamo di quest'uomo?

- Piccolo mio percepisco in lui una grande potenzialità.
Abbraccialo e portiamolo con noi. Sono sicuro che sarà molto utile alla causa.



una luce intesa Vi sveglia dal sonno. Nella vostra mente quel nome: Malkav.

- Sveglia bambina mia. Il vostro viaggio volge al termine. Ma sono sicura
che questa parte vi piacerà.


Mai parole furono più vere. Euriclea ha ragione. L'ultima parte del vostro viaggio è quasi magica.

Con il sole del mattino prendete il largo verso la laguna su di una piccola barca.
La luce del sole gioca con le onde del mare, mentre questo incontra la laguna.
In lontananza le case ed i palazzi della città sembrano sorgere dalle acque come
tanti fantasmi. Venezia vi accoglie a braccia aperte con il suo dedalo di canali e viuzze,
di ponti e case di pietra. Ma una consapevolezza ora vi stringe il cuore.
Voi siete già stata quì. Nei vostri sogni.

Euriclea ed Anna sono con voi sulla barca. Un uomo la guida con i sapienti colpi di un solo remo.
Giungete a metà mattina davanti ad un palazzo di mattoni e pietra posto su di una delle isole maggiori.
Al suo interno .. vasi, e piccoli terrazzi di terra riempio ogni angolo della casa.

- Benvenuta nella tua nuova casa Diamante.


Diamante siete chiamata a giocare
 
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Danatis
view post Posted on 8/10/2007, 06:14




Guardai il panorama che mi circondava. Era bellissimo.
Rimasi silenziosa per tutto il tragitto, ad ascoltare Anna ed Euriclea che parlavano.
Non volevo partecipare alla conversazione. Ero troppo impegnata a guardare l’uomo che ci stava guidando nella barca. Sapeva fare proprio bene il suo lavoro. Pensavo mi sarei sentita male, e invece no...
Arrivammo a casa. Era adornata con vasi, ordinati per tutta la casa. Si sentiva un odore di fiori, rose, gelsomini, orchidee.

Sono forse in paradiso? Ho trovato dei nuovi amici...

Mi girai verso Euriclea con occhi luminosi. Forse il mio sguardo la spaventò perché distolse lo sguardo per girarsi verso Anna.

La malinconia mi avvolse.
“Questo posto è... molto bello Euriclea” dissi con voce leggermente velata dalla tristezza e poi aggiunsi: “Scusatemi, vado un attimo da sola nel balcone. Vorrei... ecco... fare una cosa” non le lasciai il tempo di rispondere e mi avviai subito nel terrazzino. MI inginocchiai per ammirare i diversi vasi che mi facevano compagnia.
Sorrisi apertamente, allegra.
Risi.
“Eccovi qui. Volevate stare lontani da me, non così, forse?” risi ancora e poggiai il naso sopra uno di essi. Profumava. Poi poggiai l’orecchio.
Risi divertita e forse anche un po’ troppo calorosamente. Tanto che Anna ed Euriclea si affacciarono per guardare nella mia direzione. Non ci feci caso, non badai a loro. Continuai a ridere e risposi:
“Quindi devo stare attenta dite voi?” sorrisi “Va bene, ascolterò il vostro consiglio, miei cari.”
Poi, notai un fiore tutto solo, malinconico e triste. Lo presi in mano, delicata.
“E tu cos’hai piccolo mio? Perché sei così triste?” mi sorpresi della risposta che mi dette
“Ma tu non devi preoccuparti per me, sono felice. Non vedi che sorrido?” ma non intendeva quello.
“Ah, il sogno? Si veramente strano. Particolare. Ero due uomini! Ah no, anche una bambina. Con mia sorella. Era la mia famiglia. E credo di aver rivisto in mia sorella quella stessa donna coi capelli neri che mi accompagna in un altro sogno!” sussurrai, per non farmi sentire “Voi credete nella reincarnazione?”
Non riuscii a sentire la risposta perché Euriclea venne da me. La cena era ormai pronta.
Salutai i miei compagni di riflessioni e seguii Euriclea.
Stare lontano dai fiori e dal loro profumo mi rendeva nervosa e infelice.
Aspettammo Giacomo per la cena...
Mangiammo tranquilli, e io cercavo in qualche modo di fare conversazione.
Erano persone gentili, affidabili e mi trattavano come se fossi la loro bambina.
Mi sentivo coccolata, avevo una camera adeguata e spaziosa. Fu facile dimenticarsi di Roma, di mio padre e di mia madre.
Andammo a letto presto, perché Giacomo lavorava la mattina seguente.
Ma non mi addormentai.
Decisi di scrivere il sogno precedente nel mio diario.

Sono da qualche parte in oriente, vedo con gli occhi di una bambina, mia sorella mi chiama. Sento mio padre che dice qualcosa. Poi un urlo. Mia madre terrorizzata quando vede le palle di fuoco che arrivano sopra di noi.

Ora sono un soldato romano, qualcuno di importante, forse.

Poi sono l’uomo che prima era mio padre. Stringo tra le braccia le miei due bambine, ormai morte carbonizzate. Sono invecchiato in un attimo. Qualcuno mi prende il volto e i miei occhi incrociano quelli di un uomo. Lo sguardo è di sapienza e follia. Il suo nome è Malkav. Crede che sia un illuminato, qualcuno con un certo potere.
Vogliono abbracciarmi... dicono che servo alla causa. Quale causa? Dove sono? Chi sono?

I sogni erano sempre così difficili da interpretare.
Chiusi il diario e decisi di dormirci sopra. Magari quel dolce vecchietto mi avrebbe dato una mano...

Magari lui, ha vissuto le stesse identiche cose... forse era lui quell’uomo tanto disperato. Forse ero io una di quelle due bambine che stringeva con tanto fervore e attaccamento. Forse ero sua figlia, tanto tempo fa...

 
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NarratoreDA
view post Posted on 13/10/2007, 16:35




I vostri giorni trascorrono tranquilli nella casa dei vostri ospiti.
Aiutare Euriclea con il suo prezioso giardino vi riempie di gioia.
I servi all'inizio erano intimoriti dal vostro aspetto, ma poi ci
hanno fatto l'abitudine e vi hanno cominciato a trattare con
gentilezza e familiarità. Anna è rimasta come vostra fantessa,
mentre Ettore e i suoi uomini sono ripartiti alla volta di Roma.
I popolani parlano del piccolo Diamante di Giacomo ed Euriclea.

Nonostante tutto, alla vostra vita manca qualcosa.
Venezia racchiude nella sua bellezza qualcosa di più.
Questo di più giunse in una notte con un sogno.

Siete nel labirinto che ormai conoscete. Siete sola.
Dietro di voi una bellissima porta in legno lavorato e ferro è
incorniciata in un arco di pietra istoriato con piante e fiori.

Da uno dei corridoi del labirinto si avvicina un uomo.
Non è molto alto. Indossa un tunica di lino bianca fino ai polpacci.
Un mantello, bianco bordato di azzurro cinge le spalle e copre la testa.
Ha la carnagione scura. Il volto è incorniciato da una barba riccia e
scura ben curata. E' l'uomo del sogno.

- Benvenuta bambina mia. Ti stavo aspettando.
Il mio dono si stà spegnendo poichè il mio tempo non è più
questo tempo, ma il tuo tempo.


Si inginochia davanti a voi e vi abbraccia, come un padre.
Vi abbraccia come il vecchio che vi guidava nei vostri sogni.
Il calore e l'affetto che provate sono identici.

- Il Suo Araldo è già quì. Presto sentirete la sua voce. Seguitela.
Il Suo Araldo vi condurrà a noi. Noi saremo la vostra famiglia bambina mia.
Noi saremo di nuovo una Famiglia.


State accudendo delle rose particolarmente capricciose.
Il buio della notte è già sceso e state lavorando al lume delle candele
su di un terrazzo della casa, nonostante i brontolii di Giacomo.
La casa è immersa nel sonno. In lontananza gli echi di una canzone.


Io sono come te Luna,
splendidamente bianca.
E sempre sarò avvolta dall’oscurità,
ma non più sola.
L’unico posto in cui mi senta a casa
è tra le volte del cielo stellato,
là dove è atteso il mio arrivo.
...



Un uomo sta cantando da qualche parte. Una voce profonda e suadente.
Lentamente la voce si avvicina. Lo sciabbordio di un battello sotto il vostro
balcone vi spinge ad affacciarvi. Su di un piccolo battello un giovane
vi sorride e vi saluta con un inchino. Il volto del giovane vi è familiare
come la sua voce. Un nome affiora nella vostra mente.

Giuliano.

Nel silenzio della notte la sua voce è un sussurro.

- Quale prezioso Diamante riserva questa magica città.
Volete scoprire le sue meraviglie con me Bianca Luna?
O forse è scomparso in voi il coraggio della Dama del bosco?
Venite e non temete. Nessuno vi farà del male. Nessuno vi toccherà.
Nessuno si accorgerà del nostro viaggio.


Con movimenti agili scende dalla barca e si arrampica sul muro fino
al vostro balcone. Il suo sorriso malizioso è avvolgente. I suoi occhi
castani sono polle di profanda passione.


Diamante siete chiamata a giocare
 
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Danatis
view post Posted on 14/10/2007, 16:59




Mi stavo prendendo cura delle rose, non volevano darmi retta, non volevano stare come le chiedevo, mi facevano i dispetti da un paio di giorni. Era tutto inutile. Decisi di pensare ad altro...

E il sogno mi venne in mente: L’ Araldo... verrà a prendermi... sarò della famiglia!
Ero particolarmente eccitata ed emozionata. Quel sogno era reale. Tanto quanto quel tenero abbraccio dell’uomo che era stato mio padre, forse, in un'altra vita. Era tornato giovane... mi voleva con sé.

Un padre... un vero padre, solo per me. Che mi coccoli, che mi vizi.


Mente sognavo ad occhi aperti sentii, nel buoi della notte, un voce melodiosa, QUELLA voce melodiosa che avevo sentito durante il viaggio per Venezia.

“Giuliano...” non feci in tempo a finire di sussurrare il suo nome che lo ritrovai davanti a me, si era arrampicato nel balcone.

“Cosa, cosa... ci fate voi a quest' ora della notte, qui?” lo dissi arrossendo, sicuramente capì che la sua visita mi aveva fatto piacere. Lo leggeva nei miei occhi, brillanti sotto i raggi bianchi della luna.
Non gli diedi il tempo di rispondermi che aggiunsi:
“Non aspettavo che voi, mio Araldo per potermi godere questo paradiso durante questa notte, sotto lo sguardo della luna che tanto mi somiglia.”
Allungai una mano verso quel volto così dolce ed attraente, mi fermai a metà strada...

Avanti toccalo Diamante, sappiamo bene entrambe quanto lo desideri... toccalo!


... e con coraggio gli accarezzai la pelle vellutata, lo sfiorai, come facevo con le rose.
Chiusi gli occhi e dissi:
“Vi seguirò ovunque vogliate mio Angelo della Musica... qualunque posto sarà una magia con voi accanto...”
Riaprii gli occhi e lo guardai per qualche secondo. Aveva occhi castani, occhi che...

E' bellissimo.
Ti piace, vero? Ne sei innamorata...
No!
Non mentire a te stessa. Avresti mai accettato una proposta del genere se non fosse stato lui a fartela?
Smettila, sei un tormento! Lasciami impace nella mia beata... fantasia.


Sorrisi.
“Avete intenzione di prendere una carrozza o ci lasciamo trascinare dal vento?”

Sentivo in me la felicità e l’allegria di una bambina. Ero una bambina che voleva commettere qualcosa di incosciente. Lo sapevo che sarebbe stato eccitante e pericoloso allo stesso tempo. Quindi decisi di andare. Dovevo farlo... lui era il mio Araldo... lui mi avrebbe portato dalla mia vera famiglia...

La mia unica e vera famiglia...
 
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NarratoreDA
view post Posted on 21/10/2007, 19:19




Il suo sorriso è senza eguali. I suoi occhi solo per voi.

- Sarà la corrente del canale a guidarci attraverso i
calli di Venezia, Diamante.


La piccola barca, guidata dalla corrente vi conduce attraverso i calli
della città al chiarore della Luna Piena. Alla luce dell'astro notturno, Giuliano
solleva il velo di mistero della città, che si schiude come uno scrigno colmo di
tesori. Altre notti seguono, altri viaggi attraverso la splendida città.
Ad ogni viaggio Giuliano vi racconta una storia.

Vi narra di una guerra combattuta tra le ombre nella notte e tra i calli.
Vi narra di un amore tragico tra una dolce fanciulla e il suo cavaliere.
Vi narra di gesta eroiche e di imprese oscure.

Spesso vi assopite tra le braccia di Giuliano. Nel sonno il sogno.

Nel sogno l'uomo dalla corta barba scura e dalle vesti antiche vi abbraccia
come un padre, vi prende per mano e vi conduce all'interno di questa o
quella porta lungo il labirinto. Attraversate la porte. La sua voce.

- Sogna figlia mia. Sogna il nostro destino!

Siete in una cripta. Un mausoleo. Ricche decorazioni di marmo e pietre
multicolore adornano l'ampia sala. Al centro un elegante sarcofago in
marmo nero. Sul sarcofago uno stemma in marmo bianco.
Tre occhi ai vertici di un triangolo. Il sarcofago è aperto. Dentro solo poche ossa,
i frammenti di un teschio e polvere. Siete già stata quì. Nella sala gli echi di una
tragedia affollano l'aria. Urla di rabbia e di dolore. Clagore di armi. Ma la sala
è vuota tranne che con voi c'è una giovane donna. Siete una di fronte all'altra.
Tra di voi il sarcofago.

La ragazza ha circa la vostra età. Un corpo bello e formoso racchiuso in un bellissimo
vestito di un blu cobalto. Lunghi capelli biondi incorniciano un viso di una bellezza
sorprendente. Lei vi guarda. Alle sue spalle un'ombra scura si muove prendendo forma.
E' un uomo dal volto duro. Nei suoi lineamenti i profili dei volti di statue romane.
I suoi occhi sono polle di tenebra. Una luce nei suoi occhi. Il volto della ragazza
si contra per lo stupore ed il dolore. Un suono umido e poi un colpo secco. La ragazza
cade a terra, ferita a morte. L'uomo stringe un pugnale dalla lama spezza.
Nononstante indossi un'armatura di maglia è impaludato in strane vesti nere che
gli conferiscono un aspetto quasi monastico.

Ma i vostri viaggi notturni non restano segreti.
Una mattina Euriclea entra nella vostra stanza. Siete ancora assopita quando il
sole è già alto. Sembra parlare per prendere tempo, poi con tutto il suo coraggio
vi chiede:

- Diamante per amor del cielo dove trascorrete le vostre notti? Chi è il giovane
che viene a prendervi e vi porta via dal vostro letto e dalla protezione di questa casa?
Bambina mia Venezia è una città magica. Ma allo stesso tempo è piena di oscuri pericoli.
Vi prego non costringetemi a dire tutto a Giacomo. Potrebbe rinchiudervi nella vostra stanza.
Cosa stà accadendo?


La preoccupazione è dipinta sul suo volto segnato dal tempo. I suoi occhi stentano a
trattenere le lacrime.


Diamante siete chiamata a giocare
 
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Danatis
view post Posted on 23/10/2007, 07:39




Aprii gli occhi, di nuovo, ed era tarda mattina.
Vidi Euriclea gesticolare e parlarmi.
Stava dicendo qualcosa di insensato e tanto per parlare.
Mi stava innervosendo.
Ed ecco la domanda.
Decisi di essere sincera.

“Euriclea, è soltanto un giovane menestrello che popola le mie notti facendomi stare bene. Mi racconta delle storie, che credo siano veritiere, mi ha fatto scoprire una Venezia nuova. Tutto qui.”

Sorrisi amabile ma quando sentii le parole: “Potrebbe rinchiudervi nella vostra stanza” mi alzai di scatto dal letto... e ricaddi.
Ero infinitamente debole.
Mi ero dimenticata anche ieri sera di mangiare.
I sogni popolavano la mia mente e mi impedivano di rimembrare i bisogni primari.
Giuliano mi stava consumando, come i miei sogni.
Ma era una sensazione piacevole e non volevo di certo lasciarla sfuggire per la disperata scenata di Euriclea.
La guardai di nuovo, cercai di fare lo sguardo più dolce e convinente che mi potesse riuscire.

“Mia dolce Euriclea, non vi dovete preoccupare per me. Sto bene. Mi avete accolto in un modo veramente indescrivibile. Mi avete dato quello che mi sarebbe mancato fuori da Roma. Sono felice!”

E poi scattai, innervosita:
“Ma ho la bella età di ventidue anni, sono adulta, matura e per gli uomini da età da marito sono per fino vecchia. Quindi non dovete di certo chiudermi in camera come una bambina. Parlate a Giacomo. Ditegli la verità. Ma sappiate che continuerò a fare questa vita. I miei segreti sono solo miei. Sono stata anche fin troppo sincera. Non vi ho dato mai problemi. Non li ho dati mai a mio padre. Non li darò nemmeno a voi.
E se avete intenzione di chiudermi in questa stanza come una carcerata qualunque, state pur certa che non vedrete mai più il mio visino pallido!”
Mi girai e rialzai lentamente per non riperdere l’equilibrio. Andai nella piccola veranda e i fiori mi accolsero con un largo sorriso.

“Oh, adorati, tesori miei. Scusate, vi ho trascurato troppo in questi giorni.. ho tanto da raccontarvi! Ho continuato a sognare.”

Li accarezzai delicata, come se la loro pelle fosse tropo delicata per essere toccata.
“Devo farmi raccontare ancora una volta le storie da Giuliano, sembrano così veritiere... “
Poi sospirai
"Forse sono stata un po' dura con Euriclea, era preoccupata..." mi sentii in colpa. Ma non feci nulla per farmi perdonare. Rendeva le cose meno noiose.

Restai sino a sera nel davanzale, mi alzai solo una volta per andare a prendermi qualcosa da mettere sotto i denti, mi resi conto che stavo per svenire.
E poi tornai da loro... ma verso sera il mio sguardo era rivolto al cielo. Speravo che gli occhi di Giuliano spuntassero per rapirmi ancora una volta...
 
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64 replies since 23/9/2007, 15:25   2181 views
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